L'obbligo di formazione permanente per i professionisti tecnici: 11 anni dopo, un'analisi critica

L’obbligo di formazione permanente per i professionisti tecnici: 11 anni dopo, un’analisi critica

Last Updated: 4 Settembre 2025By Tags: , , , ,
Sono passati più di dieci anni da quel 1° gennaio 2014 quando centinaia di migliaia di professionisti tecnici italiani si sono svegliati con un nuovo obbligo: quello della formazione continua. Una rivoluzione silenziosa che ha trasformato il panorama delle professioni tecniche, creando al contempo opportunità di crescita e non poche polemiche. Oggi, a distanza di oltre un decennio, è arrivato il momento di fare un bilancio critico di questa esperienza, analizzando numeri, impatti e prospettive future.

La genesi di una rivoluzione normativa

Il D.P.R. 137/2012 ha previsto che tutte le professioni ordinate fossero soggette all’obbligo della Formazione Continua al fine di mantenere o migliorare la propria qualificazione professionale. L’obiettivo dichiarato era nobile: garantire che ogni professionista mantenesse sempre aggiornate le proprie competenze in un mondo in continua evoluzione tecnologica e normativa.
Dal 1° gennaio 2014 è entrato in vigore l’articolo 7 della Riforma degli Ordinamenti Professionali che disciplina la formazione continua degli Architetti e di tutti i professionisti iscritti agli Ordini. Una data che ha segnato uno spartiacque per milioni di professionisti italiani, introducendo il concetto di Crediti Formativi Professionali (CFP) come unità di misura dell’aggiornamento.
La filosofia di base era semplice quanto ambiziosa: in un settore tecnico dove le normative si succedono a ritmo incalzante e le tecnologie evolvono continuamente, nessun professionista può permettersi di rimanere indietro. L’obbligo formativo doveva essere la risposta a questa esigenza di costante aggiornamento.

I protagonisti di questo cambiamento: i numeri che contano

Ma di quanti professionisti stiamo parlando? I numeri sono impressionanti e fotografano una delle categorie professionali più numerose d’Europa. Sono oltre 150.000 gli architetti in Italia, quasi un terzo (il 27%) di tutti gli architetti europei, una densità professionale che non ha eguali nel panorama internazionale.

Il panorama dei professionisti tecnici soggetti all’obbligo si articola così:

Architetti: oltre 150.000 iscritti agli albi provinciali, di cui circa il 35% ha meno di quarant’anni
Ingegneri: più di 500.000 professionisti, dei quali il 70% sono dipendenti, con circa 200.000 nella sezione civile-ambientale
Geometri: 95.642 iscritti al CNGeGL, con 9.661 under 30 e 33.010 under 40
Altri professionisti tecnici (periti, geologi, agronomi): circa 100.000 professionisti

Il totale stimato supera gli 850.000 professionisti, un esercito di tecnici che ogni anno deve fare i conti con l’obbligo formativo. Una massa critica che ha inevitabilmente generato un mercato della formazione dal valore stimato in oltre 200 milioni di euro annui.

Un sistema, tante regole: la frammentazione normativa

Una delle caratteristiche più peculiari del sistema italiano è la frammentazione dei regolamenti tra i diversi ordini professionali. Ogni categoria ha sviluppato il proprio approccio, creando un puzzle normativo complesso ma interessante da analizzare.

Il modello triennale
Durante il triennio attualmente in corso, che terminerà il 31 dicembre 2025, ogni architetto deve acquisire 60 crediti formativi professionali (CFP), di cui almeno 12 devono derivare da attività sui temi della deontologia. Un approccio che privilegia la flessibilità temporale, consentendo ai professionisti di distribuire il carico formativo secondo le proprie esigenze.
Il CNGeGL ha stabilito per i geometri un obbligo di 60 CFP da acquisire nel corso di 3 anni, con punti che devono provenire da almeno 6 delle discipline deontologiche della professione. Una scelta che riflette la multidisciplinarietà della professione del geometra.
Il modello annuale degli ingegneri
Ogni ingegnere deve ottenere un minimo di 30 CFP ogni anno, considerando che per ogni anno solare vengono detratti 30 CFP dal totale accumulato. Un sistema che garantisce un aggiornamento costante ma che richiede maggiore attenzione nella gestione dei crediti.
Al momento dell’iscrizione all’Albo, a ogni ingegnere sono accreditati automaticamente diversi CFP: 90 in caso di prima iscrizione entro 2 anni dall’abilitazione, 60 se l’iscrizione avviene tra 2 e 5 anni, 30 CFP dopo 5 anni.

Il boom degli enti formativi: un mercato in espansione

L’introduzione dell’obbligo formativo ha scatenato una vera e propria corsa all’oro della formazione professionale. “Inizialmente gli ordini avevano preso su di sé il monopolio della gestione dei corsi”, ma presto il mercato si è aperto a una moltitudine di enti privati accreditati.
Oggi il panorama della formazione CFP comprende:

Ordini professionali: rimangono i principali erogatori, spesso con tariffe agevolate per gli iscritti
Enti accreditati specializzati: società nate specificamente per il mercato CFP
Università e politecnici: con master e corsi di perfezionamento
Aziende private: che offrono formazione tecnica su prodotti e tecnologie

Luci e ombre: un bilancio critico

Dopo oltre dieci anni di applicazione, è possibile tentare un bilancio dell’esperienza italiana con la formazione obbligatoria. I risultati sono contrastanti e meritano un’analisi equilibrata.

Gli aspetti positivi innegabili

Il sistema ha certamente contribuito a una maggiore diffusione dell’aggiornamento professionale. Temi prima di nicchia come il BIM, l’uso dei droni in cantiere, la sostenibilità energetica e le nuove normative antisismiche hanno trovato spazio nei programmi formativi, raggiungendo migliaia di professionisti che altrimenti non avrebbero avuto occasione di approfondirli.
La standardizzazione europea è un altro effetto positivo: il CNAPPC ha accolto lo stimolo ad adeguarsi a quasi tutti i colleghi europei, approntando il “Regolamento per l’aggiornamento e lo sviluppo professionale continuo”. Un allineamento che facilita il riconoscimento delle competenze a livello internazionale.

Le criticità strutturali

Tuttavia, non mancano le ombre. Nel 2023 si registra un calo significativo delle abilitazioni alla professione di ingegnere rispetto al biennio Covid, evidenziando scarso interesse per l’Albo. Un dato preoccupante che alcuni collegano anche alla percezione dell’obbligo formativo come fardello burocratico.
Tra i professionisti italiani il dibattito è acceso: l’aggiornamento professionale è una scelta dettata dalla volontà di essere sempre al passo con le innovazioni del proprio mestiere, o una mera necessità burocratica? Una domanda che tocca il cuore del problema: la formazione dovrebbe essere una scelta consapevole, non un obbligo imposto.

Le sanzioni: deterrente o minaccia?

Se un professionista non assolve l’obbligo formativo, rischia una sanzione disciplinare che può variare dal semplice avvertimento alla sospensione temporanea dall’Albo, fino alla cancellazione dall’Ordine professionale nei casi più gravi. Un sistema graduato che cerca di bilanciare deterrenza e proporzionalità.
La violazione dell’obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Tuttavia, l’applicazione concreta di queste sanzioni varia significativamente tra i diversi ordini territoriali, creando disparità di trattamento.

Prospettive future: verso un sistema più maturo?

Guardando al futuro, il sistema della formazione obbligatoria sembra destinato a evolversi verso una maggiore maturità. Le tecnologie digitali, accelerate dalla pandemia, hanno dimostrato che la formazione a distanza può essere efficace quanto quella tradizionale, aprendo possibilità di personalizzazione e flessibilità impensabili solo pochi anni fa.

La sfida per i prossimi anni sarà trovare un equilibrio tra:

  • Qualità vs. quantità: privilegiare contenuti formativi di alto livello rispetto al mero accumulo di crediti
  • Flessibilità vs. controllo: garantire che la formazione risponda alle reali esigenze professionali senza perdere di vista gli standard qualitativi
  • Sostenibilità economica: evitare che i costi della formazione diventino un ostacolo per i professionisti, specialmente i più giovani
  • Innovazione tecnologica: sfruttare le potenzialità dell’intelligenza artificiale e della realtà aumentata per rendere la formazione più efficace e coinvolgente

Conclusioni: un bilancio necessario

L’obbligo di formazione permanente per i professionisti tecnici rappresenta uno degli esperimenti sociali più ampi mai tentati in Italia nel campo delle professioni. Coinvolgendo oltre 850.000 professionisti e generando un mercato da centinaia di milioni di euro, ha sicuramente raggiunto l’obiettivo di diffondere la cultura dell’aggiornamento continuo.

Tuttavia, dopo oltre dieci anni, è evidente che il sistema necessita di una riflessione profonda. La burocratizzazione dell’apprendimento, la proliferazione di corsi dal valore formativo discutibile e i costi crescenti rischiano di trasformare quello che doveva essere uno strumento di crescita professionale in un mero adempimento amministrativo.

La vera sfida per il futuro sarà riportare al centro la sostanza sulla forma, la qualità sulla quantità, la passione per l’apprendimento sull’obbligo normativo. Solo così la formazione continua potrà mantenere la promessa originaria: fare dei professionisti tecnici italiani una categoria sempre più competente, aggiornata e competitiva nel panorama internazionale.


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